Il territorio di Langhe, Roero e Monferrato, si sa, offre ai buongustai una miriade di ragioni per tornare di tanto in tanto in questa zona a fare il pieno di squisitezze. Infatti, tra la gustosissima pasta fatta in casa – primi fra tutti i tajarin e gli agnolotti, magari conditi con una pioggia di tartufo bianco – i succulenti bolliti, accompagnati dalle salse tipiche della regione, ad esempio il bagnet verd, e poi gli sfiziosi antipasti, come la giardiniera e la bagna caòda e, ancora, i dolci a base di nocciole nostrane, la cucina piemontese è un tripudio di sapori e tradizioni. Il Pastificio Alfieri è dai primi anni ’70 un attento interprete della cultura enogastronomica di Langhe e Roero, e si dedica alla produzione delle specialità alimentari di questo territorio mettendo grande cautela in ogni passaggio della preparazione (vieni a scoprire i nostri prodotti: https://alfierialimentari.it/pasta-fresca/).
Fra i prodotti e le ricette tipiche delle Langhe, uno dei più apprezzati è sicuramente la pasta fresca. Gli agnolotti piemontesi sono, insieme ai tajarin e ai ravioli del plin, il piatto più apprezzato sia dai turisti che dalle genti langarole, e godono di una lunghissima tradizione. Si tratta di una pasta ripiena di forma quadrata, con un ripieno tradizionalmente preparato con le rimanenze di cucina dei giorni precedenti. Solitamente, quindi, si utilizzava la carne arrosto avanzata, con il relativo intingolo, tritata e mescolata con altri ingredienti, ad esempio verdure o formaggio, per non buttare nulla (secondo gli usi contadini). Per questo, del ripieno degli agnolotti non esiste un’unica versione o una ricetta ben codificata: perché veniva preparato con ciò che era rimasto dai pasti precedenti, e ogni cuoca combinava gli ingredienti a modo suo.
Sull’origine del nome “agnolotto” non vi sono certezze, ma piuttosto diverse congetture. Una di queste è quella che fa risalire l’etimologia del termine al nome di un cuoco monferrino, Angiolino o “Angelòt”, il primo a preparare questa ricetta secondo la tradizione popolare. Secondo una teoria più moderna, invece – sostenuta da Sergio Nebbia, autore del Dizionario Monferrino – l’etimologia sarebbe da ricercare nel dialettale “anolòt”, ovvero lo strumento a forma di anello utilizzato originariamente per forgiare gli agnolotti, i quali, appunto, avevano inizialmente una forma ricurva. Il Dizionario Etimologico del Dialetto Piemontese di Attilio Levi, invece, individua l’origine del nome agnolotto nel diminutivo di “agnello” (“agnèl”).
Il primo libro a riferire la ricetta degli agnolotti (“agnellotti alla piemontese”) è La nuovissima cucina economica del 1814, redatta da un cuciniere che aveva lavorato in diversi paesi europei al servizio di famiglie nobili, tale Vincenzo Agnoletti (nomen-omen). Le origini di questo piatto, comunque, sembrano essere molto più antiche, tant’è che diversi storici ne indicano gli albori già al tempo degli antichi Romani.
Tipici di Langhe e Monferrato, sono poi gli agnolotti al plin, o del plin, di forma generalmente rettangolare e chiamati così per il particolare “pizzicotto” con il quale vengono chiusi, appunto il “plin”, in dialetto piemontese. Sia gli agnolotti classici che quelli al plin sono stati insigniti del riconoscimento di Prodotto Agroalimentare Tradizionale Italiano dal Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali. Come anticipato, possono essere preparati in diversi modi a seconda degli ingredienti disponibili, ma solitamente si indicano cinque varianti principali:
Se preparati con ingredienti di magro, prendono piuttosto il nome di ravioli, ad esempio i ravioli con ripieno di fontina tipici del canavese, oppure con ricotta e spinaci. In origine, gli agnolotti erano serviti “al tovagliolo”, cioè posati, appunto, sopra un tovagliolo dopo la scolatura, affinché restassero morbidi; venivano poi serviti senza condimento, oppure con un brodo leggero o vino rosso.
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