I tajarin sono una pasta fresca all’uovo tipica della cucina piemontese ed in particolare langarola; sono un sorta di lunghe tagliatelle, larghe 4-5 millimetri e molto sottili (meno di un millimetro), caratterizzate da un colore giallo dorato carico dovuto all’utilizzo, nella loro preparazione, di abbondanti tuorli d’uovo – 30 per kg di pasta, secondo la tradizione, ma le quantità possono variare a seconda della zona. Si abbinano con sughi di carne (tipicamente, di carne arrosto) oppure con condimenti a base di burro, formaggio, tartufo, pancetta e vino rosso, salsiccia di Bra e molti altri: condimenti che il pastificio Alfieri produce con passione rispettando da sempre la tradizione culinaria locale (dai un’occhiata qui: https://alfierialimentari.it/sughi-e-ragu/).
I tajarin – prelibatezza che, insieme agli agnolotti e agli agnolotti del plin (di cui parliamo in questo articolo: https://alfierialimentari.it/gli-agnolotti-piemontesi/), è protagonista della tavola langarola – hanno origini antiche: nascono, infatti, nelle cascine di Langhe e Monferrato e conoscono qui una grande diffusione già a partire dal Quattrocento, periodo a cui risalgono le prime testimonianze su questa pasta fatta a mano. Nati come preparazione tipica dei giorni festivi e come “piatto importante”, anche in virtù della notevole quantità di tuorli impiegata nell’impasto, i tajarin venivano in origine insaporiti con il sugo “comodino”, a base di lardo, salvia, rosmarino e rigaglie di cortile, cioè fegatini di pollo o coniglio, creste, reni, cuori e altre frattaglie. In epoca più tarda, si iniziò a condirli con olio e acciughe oppure con burro e funghi, come è riportato nel volume “La cuoca di buon gusto” del 1901
Ai tajarin si fa riferimento anche nella raccolta del 1967 “Piemontesi a tavola. Itinerario gastronomico da Novara alle Alpi” di Massimo Alberini, in cui l’autore narra come fossero uno dei primi piatti più in voga ai tempi di re Vittorio Emanuele II; anzi: pare che lo stesso monarca ne fosse molto goloso e che li gustasse mangiandoli da un tovagliolo annodato dietro al collo per non sporcare la divisa.
Ma quali sono gli ingredienti di questa gustosa pasta fresca? È presto detto: farina, tuorli d’uovo, un pizzico di sale e un filo d’olio. Nella località di Ceresole d’Alba si contraddistinguono per l’aggiunta di farina di mais (meliga) e vengono chiamati tajarin di meliga. Una curiosità: esiste una variante argentina di questa pasta, ed è chiamata tallarines (i “tallarines con tuco rápido”, cioè conditi con salsa veloce, sono insaporiti con cipolla, pomodoro e peperone).
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